ROghudi
vecchio

Il borgo grecanico fantasma tra le gole dell’Aspromonte

Roghudi Vecchio: il borgo fantasma della Calabria Grecanica svela un paesaggio sospeso nel tempo, tra vicoli deserti e voci in Greco Antico che ancora risuonano tra le gole dell’Aspromonte.

Roghudi, con un nome che deriva dal greco “Rogòdes”, ovvero “paese di crepacci”, appare all’improvviso sul cammino del viaggiatore come un fantasma di pietra sospeso tra le gole dell’Aspromonte. Il vento sferza le case abbandonate, portando con sé l’eco di un passato mai svanito, voci in greco antico che sembrano sussurrare storie dimenticate. Il viandante sale tra i vicoli deserti, il suono dei suoi passi si perde tra i muri screpolati, mentre il sole del mattino accarezza le facciate come una carezza antica che ritorna viva. Qui, il tempo si è fermato, ma l’anima del borgo resiste, viva nel respiro della montagna e nel ricordo di chi, un tempo, chiamava queste strade casa.

test

Your content goes here. Edit or remove this text inline or in the module Content settings. You can also style every aspect of this content in the module Design settings and even apply custom CSS to this text in the module Advanced settings.

CENNI STORICI

Memoria greca tra rovine e resistenza

La storia di Roghudi Vecchio, borgo grecanico abbandonato dell’Aspromonte, narra una resistenza secolare tra piogge devastanti, memorie in greco bizantino e legami indissolubili con la montagna.

A Roghudi Vecchio, il tempo si stringe intorno al viaggiatore come un mantello bagnato di nebbia e ricordi. Tutto sembra sospeso. Richoudon, come veniva chiamato questo borgo in greco bizantino, fu citata per la prima volta nell’XI secolo, casale di Amendolea, possedimento del monastero di Sant’Angelo di Valle Tuccio, poi baronia, poi memoria.
Il borgo ellenofono, aggrappato come un sussurro antico su un dente di roccia, porta ancora impressi i segni di una civiltà nata dal greco, parlata con l’anima e persa nella pioggia.
Torniamo indietro nel tempo. È il 1971. Il cielo si apre con una furia mai vista: in due giorni, una pioggia pari a un anno intero spazza via vite, case, certezze. Il paese resta isolato, ferito, muto. L’ordinanza di sgombero segna la resa, e il cuore della comunità scende a valle, fondando l’odierna Roghudi. Ma qualcuno resta: anziani, testardi, legati a quella pietra ruvida come alla propria lingua. Fino a quella notte del dicembre ’73, quando la montagna si riprende proprio tutto, costringendoli ad abbandonare il sogno.
Ora il viandante cammina tra case vuote e vede ancora i grossi chiodi nei muri, immagina le corde che legavano i bambini per salvarli dai dirupi. E mentre cala il buio, sembra davvero che qualcosa canti da lassù, un lamento, forse, o solo il greco antico che resiste, tra i sassi e il vento.

Luoghi da visitare

Simboli e leggende: tra Aspromonte e cultura greca

A Roghudi Vecchio, tra leggende antiche e paesaggi dell’Aspromonte, il viaggiatore scopre chiese, monoliti, simboli grecanici e vicoli che custodiscono l’anima profonda di un popolo.

A Roghudi Vecchio il viandante entra in un sogno che non vuole svegliarlo. La strada si arrampica tra gole profonde e boschi antichi e poi all’improvviso, eccola lì la città fantasma, aggrappata, come un canto interrotto, su un dente di roccia dell’Aspromonte, al centro dell’immenso cuore della fiumara Amendolea che il borgo stesso domina. Il silenzio è vivo, gli viene incontro dai vicoli deserti, dalle scale di pietra che si arrampicano verso l’alto, dalla piccola piazza dove ancora pare si senta l’eco delle voci in Greco-Calabro, parlate con naturalezza fino a pochi decenni fa. Proprio qui, protetto dal suo isolamento, il greco sopravviveva nel gesto quotidiano, nella liturgia, nella memoria orale di una gente che sembrava fuori dal tempo.
Passeggiando tra le case abbandonate, il cuore del viaggiatore si ferma davanti alla vecchia chiesa, alle abitazioni con i muri grezzi, ai chiodi che ancora sporgono come segni lasciati in un diario. Poco lontano, la natura racconta altre storie. La Rocca du Dragu, enorme monolite con occhi scolpiti nella pietra, osserva muto ogni viaggiatore, come un custode geloso di segreti antichi. Più in là, le Vastarùcia, caldaie del latte, cavità rotonde nella roccia che si dice servissero a nutrire un drago custode di un tesoro, oppure semplicemente a bollire il latte, a cardara, come un tempo facevano le donne grecaniche. Le leggende di Roghudi Vecchio sono parte integrante della sua identità. Tra le più note, quella delle Anarade, misteriose creature femminili con piedi caprini che, secondo la tradizione, cercavano di attirare le donne del paese verso il fiume. Per proteggersi, gli abitanti costruirono tre cancelli alle entrate del borgo: Plachi, Pizzipiruni e Agriddhea.
Il viaggiatore si accorge che Roghudi non è solo un paese abbandonato. È una ferita aperta, ma anche un altare intatto di cultura, memoria e mito, dove tutto, ancora oggi, profuma di lingua antica e silenzio eterno.

Aspetti Culturali e Antropologici

Tradizioni grecaniche: memoria viva tra pietra e silenzi

A Roghudi Vecchio, la cultura grecanica sopravvive tra sapori autentici, artigianato, canti popolari e antiche pratiche che parlano di un’identità ancora viva tra le rovine del borgo.

A Roghudi Vecchio il viaggiatore si perde in un sogno interrotto che, a differenza di quanto accade nel resto dell’area grecanica, è intriso di malinconia. Nel borgo fantasma, le rovine sussurrano l’eco di antichi riti e festosi banchetti. Nel suo silenzio rumoroso, il vento sembra intonare canti popolari, evocando processioni e danze che un tempo animavano le sue vie. Tra ombre e ricordi, l’aria porta ancora il profumo del pane rustico cotto nel forno a legna, dei dolci a base di miele, e dell’intenso aroma di formaggi di capra e salumi. L’artigianato riflette la ricca eredità grecanica. Particolarmente rinomata è la lavorazione del legno, tramandata di generazione in generazione. Artigiani locali, come quelli originari di Ghorio di Roghudi, la parte più nuova del paese, hanno mantenuto vive queste tradizioni, creando oggetti intagliati con strumenti tradizionali come il “cavaturi”.

A Roghudi le memorie dell’arte culinaria, dell’artigianato, dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca evocano una vitalità ormai svanita, ma ancora palpabile nell’aria. Ogni pietra del borgo, ogni angolo abbandonato, diventa un ponte tra passato e presente, un inno alla resilienza di tradizioni mai dimenticate.

Dopo aver ascoltato per ore il silenzio assordante di quel terribile giorno, interrotto con irruenza dal grido della natura e dalle voci della gente che correva verso un riparo, è tempo per il viaggiatore, di andare incontro alla vita della tradizione.

PUNTI DI INTERESSE

NUMERI UTILI

COMUNE DI ROGHUDI
(+39) 0965 78 91 40